Quando le aspettative feriscono è arrivata l’ora di lasciar parlare il cuore
Se ci mettiamo a osservare i nostri pensieri e comportamenti ci accorgiamo che il più delle volte sono guidati da un’aspettativa. Ci aspettiamo che la nostra migliore amica ci comprenda, che il nostro partner ci legga nel pensiero, che il collega non ci lasci nei guai. Ma ci aspettiamo anche che l’esame fallirà, che le nostre idee siano banali, che non saremo felici finché non avremo più soldi. E naturalmente ci aspettiamo che i cibi salutari siano tristi, che un vino o un pesce costoso sia buono per forza.
Insomma, ci aspettiamo molte cose.
Il prevedere come andrà una situazione – peraltro spesso senza avere elementi a fondamento di quanto si creda – porta con sé stati emotivi e cognitivi che influenzano la nostra percezione di ciò che c’è, la quale, a sua volta, determina come ci muoviamo nel mondo.
Conosci la teoria delle profezie autoavveranti formulata dal sociologo americano Robert K. Merton ?
Si tratta di quel fenomeno secondo cui, per il solo fatto di essere fortemente convinti del verificarsi di un dato risultato o evento, è facile comportarsi da subito come se tutto fosse già accaduto e quindi far realizzare l’evento predetto confermandoci così la veridicità della predizione.
Questo meccanismo sicuramente ci aiuta quando nutriamo aspettative positive e spiega, per esempio, il caso delle persone che si ritengono fortunate. Infatti, secondo un esperimento condotto dallo psicologo inglese Richard Wiseman (se sei interessatə a qualche dettaglio in più, vai a vedere il mio post sui benefici dell’attenzione), queste persone concretamente entrano in contatto con molte più opportunità di coloro che si credono sfortunati, non già per il caso ma in virtù del loro essere estroversi, rilassati e aperti al nuovo.
Purtroppo il medesimo meccanismo si attiva anche quando nutriamo aspettative negative: se hai letto il mio post sulla paura di fallire sai infatti quanto il nostro dirci «Non ce la faccio» possa impedirci di raggiungere gli obiettivi che ci diamo.
Dunque, attenzione a ciò che ci attendiamo da noi e dal mondo là fuori!
La mia vita è in balìa di aspettative irrealistiche?
Poiché il rischio di coltivare aspettative irrealistiche è alto, diventa importante scoprire se la nostra vita sia inconsapevolmente sottomessa a questi meccanismi di previsione, ma come farlo, vista la loro natura spesso inconscia?
Per fortuna (si fa per dire), le nostre profezie al ribasso si accompagnano con un insieme di comportamenti che non passano inosservati.
Eccotene alcuni in cui il tuo potere oracolare bucato più di un colabrodo tende a rispecchiarsi:
ti sconvolgi per piccole magagne e imperfezioni, tipo un caffè fatto male, qualche minuto di ritardo, una cipolla troppo abbrustolita
le persone ti deludono più spesso di quanto non ti sorprendano positivamente
tendi a fissarti sui dettagli
sei considerata unə ipercriticə o unə perfezionista
il tuo futuro è già tutto programmato, dal partner, al lavoro, alla casa, alla vacanza
vivi costantemente con un senso di frustrazione, insoddisfazione o senso di vuoto
ti senti spesso in colpa, per la qualsiasi (segno che ti aspetti troppo da te stessə)
sei facile al risentimento (segno che ti aspetti troppo dagli altri)
Aspettative che feriscono vs obiettivi che fanno bene al cuore
In merito alle aspettative da tenere a bada, qualche annetto fa su Forbes è comparso un articolo in cui Trevis Bradberry, esperto di intelligenza emotiva, ne individua alcune che riporto brevemente qui di seguito:
Le opportunità mi pioveranno addosso
Tutti dovrebbero apprezzarmi
Gli altri dovrebbero essere d’accordo con me
Gli altri capiscono quello che sto cercando di dire
Le cose mi renderanno felice
Posso cambiarlə
Cos’hanno in comune fra loro queste aspettative?
Tutte quante mettono la nostra vita nelle mani di ciò che c’è là fuori: è il mondo che ci deve rendere felici, e quando non lo fa – e non se, perché nessuno, all’infuori di noi, è nato per rispondere ai nostri bisogni –, entriamo in uno stato di profonda frustrazione.
Se le aspettative sono un rimettere in mani altre, cose o persone che siano, il mio destino, soprattutto emotivo ma non solo, per uscire dal loro influsso ho bisogno di riportare a me l’azione che mi renderà felice, pagə, soddisfattə.
Un’ottima strada per farlo è focalizzare le nostre energie e le nostre azioni su obiettivi rispettosi dei nostri reali bisogni, che dipendono esclusivamente da noi.
Facciamo un esempio e diciamo che per gli standard di peso attuali – quelli dettati dalla moda, dalla pubblicità, dal gusto del momento – la tua bilancia ti restituisca un risultato più alto o più basso. Che fai?
Se sei tra chi rincorre obiettivi esterni (e quindi tra chi non vuole deludere le aspettative altrui o ha fatto di quelle aspettative le proprie), probabilmente ti butterai a fare attività fisica come non ci fosse un domani per smaltire o per mettere massa; a riempirti come un otre di tisane e di ogni cosa che contenga un ‘senza’ – senza zucchero, senza sale, senza grasso, senza gusto –, o a rimpinzarti come un cappone prima del Natale: tutto con il solo obiettivo di veder comparire sulla bilancia il numero magico. Quello della perfezione, dell’eccellenza.
E adesso che è comparso il numero perfetto come stai? Meglio di prima? Peggio? Hai trovato un equilibrio o semplicemente sei rimastə nel disequilibrio che già conosci e continui a vivere con il centimetro e la bilancia alla mano?
È di fondamentale importanza porsi queste domande, perché solo dando loro una risposta potrai capire se quella definizione di benessere è proprio tua o è presa a prestito da qualcun altro.
Le uniche aspettative che possono realizzarsi (e realizzarti) sono le aspettative veramente tue, e cosa sono queste aspettative se non gli obiettivi che fanno bene al tuo cuore?
Vuoi lavorare sulle tue aspettative?
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Questa settimana nel Dispensario trovi: un esercizio per fare l’inventario delle tue aspettative e una lettura sul marketing alimentare per aiutarti a sfatare qualche mito e lasciarti alle spalle alcune aspettative irrealistiche sul cibo che acquisti.