Abitudini alimentari poco sane: da dove vengono? Dove ci portano?
Il cosa, quanto, quando e come mangiamo in età adulta è fortemente condizionato da ciò che abbiamo appreso da bambinз all’interno della nostra famiglia di origine.
Numerose delle nostre abitudini alimentari di oggi sono il frutto delle preferenze, delle credenze e dei messaggi più o meno sani che i nostri genitori ci hanno trasmesso sul cibo, e su come comportarci a tavola quando eravamo piccolз.
Ma se è vero che tutte le volte che un certo comportamento o atteggiamento diventa abitudine è perché in sè ci porta un vantaggio, è anche vero che non necessariamente ciò che è stato un vantaggio o una necessità in passato continui ad essere tale nel presente. O comunque, non è detto che oggi quella necessità non la possiamo esprimere in un modo più funzionale a ciò che siamo diventati o desideriamo essere.
Essere un mangiatore consapevole vuol anche dire ricostruire la storia delle proprie abitudini, perché è in questa storia che possiamo scoprire quali sono i ‘ganci’ emotivi che ci impediscono di avere una relazione equilibrata con il cibo, facendoci mangiare di più o di meno di quanto il nostro corpo concretamente necessiti.
Riesaminare i modi in cui abbiamo sviluppato certe preferenze ci aiuta inoltre a capire perché possiamo ritrovarci a compiere scelte che poco hanno a che fare con il nostro stile di vita, o che comunque ci paiono illogiche.
Qualche domanda per aiutarti a ricostruire la storia delle tue abitudini alimentari
Torna indietro nel tempo e ricorda alcune delle cose che hai appreso sul cibo, sul modo di stare con il cibo, e sui messaggi che più spesso ti sono stati ripetuti nell’infanzia, e soffermati a pensare se/come questi influenzino le tue scelte alimentari di oggi:
Ci sono dei cibi che mi venivano dati per farmi smettere di piangere?
Quando facevo la brava/il bravo venivo premiatə con il cibo? Se sì, quale?
Quali erano i miei cibi preferiti nell’infanzia? A chi altro in famiglia piacevano questi cibi? Potrei aver acquisito tali preferenze da questa persona?
C’erano dei cibi che erano decretati off-limits?
Cucinavo insieme alla mamma? Se sì, quanto quel contatto con lei ha influenzato i sentimenti di oggi sul modo di cucinare e mangiare?
Ho mai discusso con fratelli o altri parenti per avere la porzione di cibo che mi spettava? Se sì, la possibilità di non avere abbastanza cibo mi rendeva ansiosə?
Sono statə abituatə a sperimentare un’ampia varietà alimentare, o sulla tavola c’erano sempre i soliti quattro o cinque cibi?
Ci sono comportamenti alimentari che ho acquisito osservando la mia famiglia (mangiare di fretta in piedi, mangiare davanti alla TV, ecc)?
Mi sentivo spesso dire: «L’ho preparato apposta per te. Mangialo!»?
Sei mai statə minacciatə con un: «Se non mangi allora non mi vuoi bene!», oppure con un: «Se non mangi non ti voglio più bene!»?
Quali pubblicità di cibi ricordi dall’infanzia? Hanno qualche rapporto con i tuoi desideri attuali?
Rimettiti al centro della tua relazione con il cibo
La consapevolezza dei motivi profondi che ti attraggono o allontanano da un cibo ti permette di riportare le tue scelte a te e di domandarti:
Mi riconosco in questa abitudine?
Rispetta i miei attuali bisogni?
Se non è una sana abitudine
Chi o cosa mi impedisce di abbandonarla?
Come posso abbandonarla, senza sentirmi in colpa?
Qual è il prezzo che pago nel mantenerla?
È accettabile questo per me in questo momento?»
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Questa settimana nel Dispensario trovi: suggerimenti per andare oltre i ganci emotivi ereditati dall’infanzia che ti impediscono di avere una relazione equilibrata con il cibo, e una coloratissima guida per dare al/alla bambinə che c’è in te le buone abitudini alimentari che le sono mancate.