Basta solo un po’ di forza di volontà

Stare a dieta, quanto meno per come tradizionalmente siamo abituati a concepire questo concetto – un’abbuffata di privazioni –, non è cosa per tutti. Anzi, a quanto pare, è proprio cosa per pochi.

Se le statistiche ci dicono che nell’arco di quattro anni da che ci si mette a stecchetto, si tende a recuperare tutto il peso perduto, quando non a metterne su dell’altro, vuol dire che stare a dieta è un qualcosa che ci sta stretto più del jeans che indossavamo alle elementari.

Perché?

Quello che solitamente si sentono dire le persone in sovrappeso, e spesso con non poco disappunto, è che riuscire a seguire una dieta è solo una questione di volontà.

Ebbene, questo è semplicemente un dannoso e perverso falso mito, e come tale è da sfatare.

Vediamo cosa realmente rende così difficile rispettare in modo fedele un’indicazione dietetica, soprattutto se ferrea.

Il fatto è che inizialmente la dieta funziona.

I primi chili vanno giù abbastanza facilmente e di già che tutti quanti intorno a te non fanno che riempirti di complimenti per gli evidenti risultati raggiunti, non puoi che sentirti al settimo cielo. Per un po’ la motivazione è al top, anche perché ritorni a indossare il tuo jeans preferito (non quello delle elementari, troppo poco fashion 😉) ma, con l’andare del tempo, soprattutto se la dieta è particolarmente restrittiva, qualcosa si inceppa e tu perdi motivazione e riacquisti peso.

Sul lungo termine le diete particolarmente restrittive non funzionano. E non funzionano per due motivi: uno fisiologico e uno psicologico. E neanche a dirlo, nessuno dei due ha a che vedere con la forza di volontà.

Il motivo fisiologico del fallimento delle diete restrittive

Le diete sono un fallimento perché la nostra biologia è ancora tarata sulla carenza.

Da un punto di vista biologico, il nostro corpo è sostanzialmente identico a quello dell’uomo primitivo (Speciani, Speciani, 2015), che doveva preoccuparsi di sopravvivere alla carenza anziché all’abbondanza.

Il nostro corpo possiede infatti dei meccanismi innati che lo proteggono dall’emergenza “carestia”, e questi meccanismi, che lo portano a fare scorte quando ce n’è, sono proprio quelli che vanificano i sacrifici che facciamo per dimagrire a tutti i costi e subito.

Di fronte a una dieta ferrea il nostro corpo va in allarme e, come ho descritto in questo articolo, attiva dei meccanismi di difesa che fanno di tutto per recuperare le calorie perdute, indipendentemente dalla quantità di grasso corporeo che ha accumulato come scorta. In altre parole, si accumula massa grassa a discapito di quella magra.

E così non solo diventa sempre più arduo perdere peso, ma si rischia anche di aggravare il sovrappeso per cui ci siamo votatə al sacrificio estremo.

Il motivo psicologico del fallimento delle diete restrittive

La natura, sempre nell’ottica di garantirci la sopravvivenza in un contesto carente di risorse, ci ha dato il piacere per incentivare il nostro avvicinamento al cibo.

Quel meccanismo, perfetto per i nostri antenati poveri (ma sereni), dà qualche problemino ai ricchi (ma nevrotici) del terzo millennio.

Oggi si mangia molto più per la ricerca del piacere fine a se stesso e per anestetizzare le nostre ansie e frustrazioni, che non per nutrire il nostro corpo. Ma questo legare il cibo al nostro mondo psicologico fa sì che, più ci vietiamo un cibo e più si scateni in noi l’effetto trasgressivo su quel cibo che, per il solo fatto di essere proibito, diventa la cosa più desiderabile del mondo.

Ecco allora che se il controllo ossessivo tipico di una dieta ferrea all’inizio funziona, sul lungo periodo inevitabilmente lascia il posto alla perdita di controllo e al recupero del peso.

La dieta che funziona

Se vogliamo aver successo nel regolare il nostro peso, non possiamo che occuparci di una questione ben più ampia: la nostra salute, uno stato di equilibrio perseguibile solo imparando a rispettare quella nostra natura psico-fisica che le diete restrittive si dimenticano di onorare.

E questo successo, da quanto abbiamo visto poco sopra, si traduce nel rispettare un regime alimentare in cui:

  • si mettono alla porta le eccessive rigidità: ti ricordo che in una dieta ispirata ai principi di qualità, varietà e moderazione, non c’è posto per il proibito e dunque neanche per l’effetto trasgressione;

  • si ritorna a dare il benvenuto al piacere: quando ti concedi di assaporarti un biscotto masticando lentamente, in piena presenza e senza sensi di colpa, il tuo appagamento è pieno e non si basa più sulla quantità ma sulla qualità.

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‘All you can eat’ che tentazione!

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Se ascolto la scienza vado sul sicuro. Davvero?