Le insidie del piacere programmato

«Ah, non avessi questa gola che mi comanda!», chissà quante volte te lo sei ripetutə da che non sei soddisfattə di ciò che vedi allo specchio. L’appagamento pare proprio una brutta bestia che non si lascia addomesticare. Ma sarà mica che guardiamo alla questione da una prospettiva sbagliata?

Già, perché se oggi attribuiamo i nostri eccessi al bisogno di gratifica non è perché la gratifica in sé sia un male, ma piuttosto perché ci gratifichiamo male.

Provo a spiegarmi meglio.

Innanzitutto, partiamo con il dire che non può esistere una buona armonia corpo-mente, e quindi una relazione con il cibo che possa vantarsi di essere equilibrata, se mettiamo alla porta l’appagamento, e questo perché, per come ci ha progettati la natura, il cibo non è per noi solo nutrimento ma è anche piacere, quindi, quando compiamo le nostre scelte alimentari dobbiamo soddisfare entrambi questi bisogni.

Me lo hai già sentito dire settordici volte? Vero, ma chissà che, se sei (ancora) qui a leggermi, la cosa non ti sia sfuggita o comunque tu l’abbia semplicemente archiviata come conoscenza da mettere tra le tante altre ma che non sia ancora ‘tua’. Il mio non vuol essere un giudizio, anzi, proprio il contrario: per quanto possiamo riconoscere come ragionevolmente valida un’affermazione, questa la facciamo davvero nostra solo quando arriva anche alla pancia, e ribadisco…se sei ancora qui, mi sa che al momento ‘sta storia dell’appagamento funziona solo ai piani alti, e allora io ci provo e ci riprovo…e chissà che non ti becco proprio nel qui e ora giusti per farti digerire questo prezioso concetto.

Ma torniamo all’appagamento, e facciamo attenzione a ciò che intendiamo, perché l'appagamento non è solo un sentimento generale verso un determinato cibo, ma la coincidenza qui e ora tra un desiderio e il soddisfacimento di quel desiderio.

Uno degli aspetti più fallimentari delle diete schematiche è proprio questo: spesso mancano totalmente alimenti appaganti o comunque c'è poca attenzione ai gusti della persona. Si tende a prediligere preparazioni estremamente routinarie e poco variate e fantasiose, magari da ripetere per mesi e mesi.

Diete in cui si crede di poter risolvere il ‘problema’ appagamento, inserendo il tuo alimento o la tua ricetta preferita in dieta, ad esempio il sabato sera per i prossimi due mesi. Il punto è che magari sabato non ti va così tanto come magari ti andrebbe un altro giorno.

Quando scegliamo cosa mangiare dobbiamo tenere in considerazione la voglia del momento. Il piacere di mangiare quel cibo, ma non in senso lato bensì qui e ora.

Non tenere conto della nostra voglia del momento non fa altro che incentivare un comportamento alimentare disconnesso e non allineato, che prima o poi paghiamo ricercando cibi particolarmente gustosi. Cibi che, guarda caso, visto il poco tempo che le nostre vite performanti solitamente lasciano alla preparazione del cibo, spesso sono cibi industriali ricchi di zuccheri, sale, grassi e poveri di nutrienti.

Spostarci dalla ricerca di cibi particolarmente sapidi è possibile, ed è fattibile semplicemente decidendo di dedicare un pizzico di cura in più all'alimentazione di tutti i giorni per esaltarne i sapori.

Ed esaltare il gusto naturale del cibo non significa abusare di sale, condimenti, zuccheri. Vuol dire cucinare, usando sì il sale e i condimenti e lo zucchero quanto e dove servono senza averne paura, ma vuol anche dire andare di creatività variando gli abbinamenti, le consistenze, scegliendo ottime materie prime, sperimentando ricette nuove.

Se rispettiamo la nostra voglia del momento la gratificazione smette di essere legata all'eccesso o all'astensione da cibo e torna ad essere agganciata all'equilibrio della vita alimentare di ogni giorno.

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Questa settimana nel Dispensario trovi: le domande per sondare la tua capacità di viverti l’appagamento qui e ora e una lettura che ti aiuterà a mettere nella tua vita i tre ingredienti necessari per concederti il piacere quotidiano a tavola.

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